Francesco Paolo Frontini (Catania, 6 agosto 1860 – Catania, 26 luglio 1939) è stato un compositore, musicologo e direttore d'orchestra italiano.

«Bisogna far conoscere interamente la vera, la grande anima della nostra terra.
La responsabilità maggiore di questa missione dobbiamo sentirla noi musicisti perchè soltanto nella musica e nel canto noi siciliani sappiamo stemperare il nostro vero sentimento. Ricordatelo». F.P. Frontini

Dedicato al mio bisnonno F. P. Frontini, Maestro di vita. Pietro Rizzo
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venerdì 26 gennaio 2024

"Andante Religioso" di F. P. Frontini - Coro Lirico Siciliano

 



In una gremitissima e palpitante Catania si è omaggiato in musica Don Pino Puglisi con un recital interamente dedicato a opere e compositori siciliani. Dall'ottocento sino al contemporaneo, tra classico e contaminazioni con folk rock. Un ulteriore e strepitoso successo firmato Coro Lirico Siciliano per i festeggiamenti agatini promossi dal Comitato Sant'Agata 2024.
Grazie al sindaco Enrico Trantino e al meraviglioso pubblico per un crescente viaggio nell'in-canto.
I bellissimi scatti di Maurizio Vittorino Photo



Info. editore manuscript, 1920.
Commenti manoscritto di F. P. Frontini




"Andante Religioso" di F. P. Frontini
Francesco Costa . direttore
Gianluca Abate, pianoforte
Ensemble di archi in residence
RIPRESE di Renzo Giuffrida
19.01.2024 Chiesa di San Camillo

- G. Cesare Balbo, 1905
"...La musica del Frontini ci dà tutte queste cose; essa ci scuote perchè scritta con la sincerità di un' artista incorrotto, essa ci dimostra un cuore che sente e che ha un ideale di cui è gelosissimo.
La musica del Frontini che non si attiene solamente alla melodia, nè agli arruffamenti di un'armonia scientifica, non è una convenzione sistematica. Egli si mostra scevro di tutti questi convenzionalismi, che rovinano quasi sempre le intensioni oneste degli artisti timidi, e la sua musica è l'eco fedele, l' impronta originalissima di tutti i sentimenti che si avvicendano continuamente nell'animo suo, di quei sentimenti che bastano a sviluppare l' azione.
Egli ne ha fatto una scuola a parte ; egli che sente quest'aura di novella vita, scruta ancora nell'intimo del popolo che deve giudicarlo e scrive sotto l'impulso dell'ispirazione accoppiando ai canti un'adeguata armonia"




mercoledì 4 ottobre 2023

"Echi della Sicilia in salotto. Musica e identità culturali nell’Italia di fine Ottocento"

 

Maria Rosa De Luca - Università di Catania "Echi della Sicilia in salotto. Musica e identità culturali nell’Italia di fine Ottocento" Presiede Carlida Steffan Giornate di studio Venezia, Fondazione Levi 29 Settembre 2023







venerdì 7 aprile 2023

Incontri musicali Netini 2023 - Francesco Paolo Frontini


  PALAZZO NICOLACI DEI PRINCIPI DI VILLADORATA





mercoledì 2 giugno 2021

Gridi e cantilene del popolo siciliano

 

(Noterelle di un catanese, 1937)

Nella diffusissima e ormai celebre raccolta di canti popolari siciliani, I canti della terra del mare di Sicilia, trascritti da Alberto Favara, si nota che soltanto le due Provincie occidentali dell'Isola, Palermo e Trapani, sono largamente rappresentate.
Le Provincie di Messina e di Caltanissetta vi figurano con tre canti per una, quelle di Agrigento e di Siracusa con un solo canto per provincia.
Catania sembra completamente ignorata.
Non intendo, con ciò, muovere un appunto all'opera diligente e appassionata né alla buona volontà dell'illustre trascrittore, ma suppongo soltanto che le sue ricerche non si siano potute spingere fino alle Provincie della costiera Jonica, oppure ch'egli abbia pensato che le due raccolte del genere, apparse prima che pubblicasse la sua, avessero esaurito il suo compito. 

Infatti, Francesco Paolo Frontini aveva pubblicato sin dal 1883, per la Casa Ricordi, il suo volume di canti popolari siciliani Eco della Sicilia (la cui seconda edizione apparve nel 1890 edita dal Forlivesi) e nel 1894 un volumetto, Il Natale Siciliano, edito dal Demarchi.
In queste pubblicazioni, l'illustre musicista catanese, raccolse canti, canzoni e musiche della sua città e dei paesi Etnei.

La raccolta del Favara comparve molto tempo dopo e fu guidata da altri criteri.



Nella raccolta frontiniana Eco della Sicilia sono contenuti 50 canti popolari dei quali la parte più cospicua è costituita da canzoni catanesi, arie d'amore o canzonette burlesche, che, sebbene conservino intatti i caratteri etnofonici della melodia siciliana, lasciano trapelare; dalla forma e dalla sostanza melodica, un'origine prettamente cittadina e un'epoca ben determinata della loro genesi.

Le forme dell'arietta settecentesca o dell'aria teatrale del primo ottocento costituiscono la base della loro struttura e il carattere del canto ; possiamo anche aggiungere che un paio di esse è probabile non siano state del tutto sconosciute a Vincenzo Bellini.
Delle autentiche cantilene del popolo e della gente di campagna solo pochi preziosissimi esemplari, sei o sette in tutto, si riscontrano nel volume.

E se il Favara raccolse esclusivamente le cantilene melodiose dedicando tutta la sua passione e tutta la sua sapienza a restaurarle e ad ingemmarle di preziosismi armonistici, se egli, col suo paziente lavoro, mirò soltanto a conservare il canto limpido e puro del popolo, si accorse che il carattere della raccolta frontiniana era un poco diverso da quello che egli volle dare alla sua? Non sappiamo.
Ma una disamina, anche la più sommaria, stabilisce senz'altro la differenza che esiste fra le due raccolte.

Differenza che circoscriviamo soltanto al carattere delle musiche o alla forma di esse, e non alla maniera con la quale i canti sono stati rielaborati dai due raccoglitori.

In ogni canto siciliano non solo è riflessa l'anima del cantore, ma i caratteri della razza e l'afflato della terra a cui esso appartiene vi imprimono il loro segno indelebile.

Anche senza sapere da quali Provincie dell'Isola i canti provengano non è diffìcile stabilire la località, se non addirittura il tempo, in cui essi nascono.

Ogni canto è sempre legato ad una tradizione, ad un linguaggio melodico, ad accenti particolari, discorsivi, drammatici o espressivi, che rivelano i modi musicali delle antiche razze che si sono avvicendate in ogni luogo della Sicilia lasciando la loro impronta nei dialetti, negli usi, nei costumi, nelle musiche.
I canti popolari sono dunque, più che il patrimonio di un intero popolo, l'eredità esclusiva di ogni razza, e variano di località in località a seconda dei segni particolari o del carattere che essa vi ha impresso.
E se un canto nato in una terra, compisse pellegrinaggi attraverso altri paesi o altre Provincie, anche se altra gente lo adottasse trasformandolo o variandolo, i caratteri della sua terra d'origine vi rimarrebbero inalterati.

Questa è in sintesi la ragione della differenza tra i canti delle Provincie occidentali siciliane raccolti dal Favara e i canti della provincia di Catania raccolti dal Frontini, una differenza che va dallo spirito della melodia alla profondità della espressione, dal substrato modale alla ossatura ritmica.

Esistono poi altre differenze d'ordine scientifico e pratico: il metodo e lo scopo della ricerca.

Il Favara intuì il problema sul quale si basa lo studio della etnofonia; egli volle darci dei saggi sul carattere poetico-musicale del popolo siciliano, carattere che viene rivelato interamente dalla gente che vive nella campagna, ove si conservano costantemente gli usi più antichi e vi si osserva, col massimo rigore, la legge ereditaria delle tradizioni tramandate attraverso i secoli da generazione a generazione, senza che una qualsiasi infiltrazione di usi e di abitudini cittadine possa farle deviare.

Il Frontini, spirito più complesso e più aristocratico, volle affrontare il problema per intero e volle mostrare completamente tutta la natura musicale della gente etnea, attraverso le raffinate melodie cittadine e le spontanee cantilene campagnole.

Ma nessuno dei due raccoglitori ha voluto, con procedimento progressivo e razionale, mostrarci l'intera gamma del canto popolare siciliano che spazia ampiamente dai gridi dei venditori ambulanti alle cantilene melodiose dei contadini e dei carrettieri.
Ed in questa gamma c'è tutto un mondo, spirituale che vive e che si agita, un immenso mondo da esaminare e da studiare.
E tutta una successione di stati d'animo, determinati da ogni aspetto della vita quotidiana del popolano, che si estrinsecano in canto.
Il quale si manifesta nelle forme più varie che vanno da quella della salmodia infinita all'altra della melodia chiusa.
Sono canti che fondono mirabilmente la fantasia col sentimento, la poesia con la musica, che ci trasportano coi loro procedimenti tonali attraverso ogni epoca, dalla più lontana alla presente, che vengono realizzati nella maniera più primitiva o in quella più recente; sono canti che variano di luogo in luogo e hanno atteggiamenti espressivi che differiscono da uomo a uomo, da stagione a stagione.

Perchè sinora nessuno ha pensato di raccoglierli?
Trascuratezza? Non credo.
Indifferenza, forse, o, più probabilmente, mancanza di metodo nella ricerca.

Comunque i canti popolari siciliani trascritti e pubblicati dal Frontini e dal Favara hanno posto una solida base all'etnofonia della Sicilia e chiudono un primo ciclo di ricerche.

Ma è necessario, al giorno d'oggi, colmare tutte le lacune ed aumentare il materiale raccolto avvalendosi dei nuovi metodi e delle antiche esperienze.

Prima d'ogni altra esplorazione in altre provincie siciliane mi sono imposto il dovere di completare la raccolta dei canti popolari della provincia di Catania, raccolta iniziata e proseguita dal Frontini e continuata sin'oggi, dal venerato musicista catenese, con la sua recentissima pubblicazione apparsa nel luglio scorso (Antiche canzoni di Sicilia, Ed. Carisch, S. A.) il cui procedimento è conforme alle raccolte che la precedono.

Per grazia di Dio, le campagne Etnee sono tuttora dei codici immensi dai quali il ricercatore diligente può ricavare tutto quel materiale sinora sconosciuto ai più e può mostrare di quali preziose gemme è sempre ricco il cuore del popolo catanese.
Durante le mie molteplici e lunghe soste in campagna, ho avuto la fortuna di raccogliere di sulla bocca dei contadini un copiosissimo materiale etnofonico.
Materiale assolutamente inedito che, se ben distribuito e progressivamente studiato, può dare una visione esatta, se non completa, di quali secolari tradizioni musicali è ricca la mia Catania.
Non starò qui a ripetere da quali fonti provengano questi canti, né quale classica linfa li ha nutriti, né quali elementi etnici conferiscano ad essi quelle peculiari doti di originalità e di espressività che li fanno distinguere ed innalzare al di sopra di tutti gli altri canti popolari della Sicilia.
La brevità dello spazio concessami non consentirebbe esemplificare se non con molta parsimonia.
Uno studio di maggiore ampiezza e più accuratamente sviluppato potrebbe far scorgere, attraverso la impronta melodica e la struttura modale, le millenarie origini di questi canti.
Ho raccolto anche la maggior parte dei gridi dei venditori ambulami, che sono anch'essi degli autentici canti, e che, uniti alle cantilene tristi degli stanchi lavoratori delia terra e agli appassionati canti dei carrettieri, fanno scorgere tante maniere, dalla greca all'araba, fanno incontrare tanti generi modali, dal diatonico ai cromatico all'enarmonico.
I venditori ambulanti esprimono con la melodia dei loro gridi, il genere della merce che vendono; parole e musiche risentono direttamente dell'epoca e dell'ora in cui viene venduta la merce.
Un tipico esempio. Ecco un grido invernale, è quello del caliàru (venditore di calia, ceci abbrustoliti). Di giorno il suo grido è baldanzoso, mentre a sera tarda, nelle lunghe e gelide sere d'inverno, s'ode la sua voce squillante e lontana cantilenare con tristezza .
Gli stessi elementi modali si riscontrano in quasi tutti i canti della trebbiatura. Nella pianura assolata il contadino incita, col suo canto squillante e monotono, i cavalli che si inseguono in cerchio sull'aia, calpestando sotto le zampe ferrate i covoni di grano.
Il grido mozzo sottolinea il colpo della frusta.
Come si può osservare, la maniera di melodizzare è identica a quella dei canti precedenti, ma una maggiore ampiezza si sprigiona da questa cantilena, pare che un tormento la animi (sarà forse il duro lavoro sotto il sole implacabile?) e la renda più drammatica di quella del caliàru, che è satura di lirismo.
Tutti gli elementi modali e psicologici delle melodie sopra esposte si fondono e si sviluppano nella cantilena tipica del carrettiere.
La melodia reca l'impronta della primitività dei gridi, ma acquista ormai una sua robusta costruzione periodale, un maggiore senso discorsivo, e la definitiva liricizzazione d'uno stato d'animo che ha la sua fase iniziale e quella conclusiva.
E infine la stessa maniera melodica può raffinarsi, può anche arricchirsi di melismi capricciosi, fioriti dallo stesso nucleo emotivo del canto, non estranei ma partecipanti ad esso perchè generati dal pathos comune .
L'andamento più svelto del canto e le sue fioriture saranno certamente stati dati dalle parole.
Il cantore qui si rivolge alla donna amata e le dice : quanto mi sembri bella quando ridi! Il cuore mi fai tutto ricreare... E le fioriture sulle due cadenze stanno a realizzare la maliosa risata della bella e la gioia del cuore del suo innamorato.
In questo canto la malinconia nativa dell'isolano si veste di rosa.

Due parole ancora, non per concludere (poiché un simile argomento potrà esaurirsi solo con la fine del mondo), ma per dire che anche una modesta e brevissima rassegna di canti, come quella che ho fatto, lascia supporre che da una esposizione comparata e razionale di gridi, cantilene e canti popolari verrebbe fuori uno studio interessante e definitivo sul patrimonio spirituale d'uno dei popoli più musicali d'Italia qual'è il catanese.
Il vecchio motto Verdiano: « Torniamo all'antico... », applicato alla ricerca dei canti popolari, potrebbe anche significare un ritorno alle pure fonti della natura alle quali l'arte musicale d'oggi ha bisogno di attingere per essere definitivamente sé stessa.

 

Un aspetto alquanto interessante della storia musicale di Catania e certamente quello che ci presenta la copiosa fioritura dei canti popolari e di canzoni popolaresche, composizioni quasi sempre anonime, di cui appare ricca in ogni tempo la provincia etnea.

Si tratta, certamente, di un'attività artistica minore, ma per nulla trascurabile poichè essa reca una delle più importanti testimonianze della musicalità del popolo della città e delle campagne.

Quest'arte grezza, ingenua ma di immediata avvincente espressione, ha radici nelle cantilene secolari attraverso le quali il popolo — di solito ermeticamente chiuso in se stesso — sfoga le passioni della propria anima.
Amore, gelosia, abbandono e sdegno: questi sono i temi fondamentali dai quali trae sviluppo la poesia popolare siciliana, e ispirata a tali sentimenti e la musica che ne intona i versi.
I quali, stesi di solito in ottave di endecasillabi, vengono inquadrati in cantilene che li rivestono in forma di distici.
Il popolo siciliano in genere e quello della provincia etnea in particolare, intonando i suoi canti sembra ricalcare le forme e i caratteri del1'antica melica greca. E non è da escludere che i più antichi di essi ne siano una derivazione, soprattutto come impianto tonale.

Sono cantilene assolutamente monodiche; la parte corale, quando esiste, si limita a rinforzare le sole note finali d'ogni mezzo distico.
La voce solista può intonare il verso in forma strettamente sillabica, oppure può adornare la cantilena di melismi vocalizzati che un espressivo cromatismo arricchisce di intensa espressione.
Ogni esibizione nasce spontaneamente dal momentaneo stato d'animo del cantore, poichè le cantilene popolari sono degli sfoghi fatti più per chi li canta che per chi li ascolta.
Ogni aspetto della vita quotidiana, che determini un particolare stato d'animo, possiede i suoi canti.
Ce n'è a migliaia e sono sempre a disposizione di chi li conosce per averli appresi intonare da altri: non rimane che sceglierne uno che si adatti allo stato d'animo del momento.

La canzone popolaresca non nasce, come si crede, dalla più o meno felice rielaborazione di una cantilena popolare, ma dalla penetrazione e dalla interpretazione di essa.
La canzone muove da quello stesso nucleo emotivo che ha dettato la cantilena e — ricreandone la forma e dilatandone l'espressione —la sviluppa, la rinnova pur rimanendo assolutamente fedele all'impianto tonale e ai caratteri espressivi tramandatici dalla tradizione.

Francesco Paolo Frontini fu, per la Sicilia, il primo raccoglitore di canti popolari.

Egli limitò le sue ricerche alle province orientali della Sicilia riuscendo a conservare molto prezioso materiale che — dalla forma e dall'impianto tonale — possiamo senz'altro attribuire al Settecento e all'Ottocento.

Con Eco della Sicilia (1883), Canti della Sicilia (1890); Natale siciliano (1893); Antiche canzoni di Sicilia (1937) e Canti religiosi del popolo siciliano (1938) il maestro assicurò alla storia le documentazioni più importanti della appassionata vocalità del popolo etneo.

Un alunno del Frontini, Gaetano Emanuel Calì (1884-1936) completò l'opera iniziata dal suo maestro nella ricerca e nella valorizzazione dei canti popolari della provincia catanese.

Rifacendosi ai grandi modelli raccolti, egli seppe accostarsi ad essi con intuito geniale e derivarne le sue moltissime canzoni alle quali — più che al resto della sua produzione (pezzi per orchestra, musica da camera vocale e strumentale ecc.) — e legato il ricordo della sua personalità di musicista.
Ascoltando le più conosciute di esse:
E vui durmiti ancora; Sicilia bedda; Pastorale; La cugghiuta di li lumii; Simenza bedda; Liu-là; 'Ntintaro 'ntontari; La canzuna di la vinnigna, e tante, tante altre, non è difficile scorgere da quali accenti popolari scaturì l'ispirazione del compositore.

Son cantilene di carrettieri, gridi di venditori ambulanti, melodie campestri, nenie di cornamusa, ritmi vivaci di danze rusticane: tutte espressioni, insomma, nate dalla vita sentimentale del popolo che il musicista assimilava e sviluppava, ricreandole con geniale intuito di artista.
Ascoltandole sentiamo in esse pulsare l'anima del popolo, e anche il cuore nobilissimo dell'artista che lo compose.

Francesco Pastura - Secoli di musica catanese : dall'Odeon al Bellini Catania

lunedì 9 marzo 2020

Francesco Paolo Frontini: Canti di Sicilia, Canzoni d'arte per soprano e pianoforte



Art Songs for Soprano & Piano (Jennifer Schittino e Giuseppe Senfett)




La bellissima raccolta di brani registrati in questo album dei Classici di Da Vinci è molto rappresentativa della felice vena melodica del compositore e della varietà degli stati d'animo che potrebbe evocare, nonché del numero di fonti letterarie da cui trasse. La sua conoscenza delle tendenze europee è dimostrata dalla sua impostazione di testi di Heinrich Heine, in Tu non m'ami (la poesia originale tedesca è Du liebst mich nicht ); e se Frontini era a conoscenza del lavoro di alcuni dei principali autori dell'epoca, molti di loro, a loro volta, conoscevano la sua produzione. Un musicista come Massenet ha ammesso di essere diventato "estatico" quando ha potuto ascoltare la musica di Frontini; ma tra i suoi numerosi ammiratori c'erano anche Victor Hugo, Emile Zola e Giacomo Puccini. In Tu non m'ami, lo stile giocoso della sezione iniziale è seguito da uno stato d'animo più espressivo, il cui sontuoso accompagnamento è costruito su generose connessioni armoniche.
Curiosamente, uno stile molto più sensuale si trova in Lauda di suora ("A Nun's Song"): anche se il tono generale è religioso, e le parole evocano una contemplazione del Crocifisso, la musica è inconfondibilmente terrena, con il suo complesso accordo progressioni e ampia gamma melodica. Queste scelte si addicono ai testi, scritti da Mario Rapisardi, un controverso poeta siciliano che era apertamente in guerra con tutti i tipi di autorità, comprese quelle religiose; quindi, non sorprende che un altro dei brani qui registrati, Il canto di Ebe , sia estratto dal Lucifero di Rapisardi (opera esplicitamente condannata dall'arcivescovo di Catania).
Mentre era profondamente radicato nella sua eredità siciliana, Frontini era anche interessato all'esotismo musicale, spesso immaginato come la cornice ideale per avventurose storie d'amore. Ad esempio, una delle sue canzoni più conosciute è Serenata araba , di cui è stata scritta (nel 1953, da Domenico Danzuso): “Rappresenta un piccolo gioiello di valore insuperabile e dimostra il genio di un artista che, anche se non conosceva l'Oriente, era ancora in grado di esprimere appieno il suo spirito, scrivendo la più bella musica araba ”. Un'altra serenata registrata qui è altrettanto deliziosa, sebbene con uno stile molto diverso: La serenata di Pulcinella ("Punch's serenade") ondeggia tra ironia e tenerezza, impiegando tratti genuinamente estratti dalla spontanea musicalità dell'Italia meridionale, trasformandoli anche in un'opera musicale molto raffinata (attraverso un uso consapevole dell'armonia e delle onomatopeie).

Tratti simili si trovano anche in altre sue canzoni: ad esempio, Canto di carrettiere e Marinaresca si concentrano su particolari situazioni umane e sociali, nonché su speciali "paesaggi" e contesti naturali, e mentre descrivono fedelmente ed efficacemente le scene vivaci che promesso, non mancano mai di un tocco di simpatia e sentimento umani.
Queste caratteristiche sono forse le più affascinanti e spesso presenti nella vasta produzione di canzoni di Frontini: anche quando i testi sono piuttosto semplici e semplicemente indicativi di storie d'amore accennate, piuttosto che adeguatamente narrate, la musica dà profondità ai testi e porta a vita i tratti umani dei protagonisti nascosti.
In questo forse sta il genio di Frontini, e il vero valore della sua musica: ascoltandolo, il mondo in cui ha vissuto e rappresentato nella sua musica prende vita ancora una volta, e siamo portati, dalle note della sua musica, in un'altra il tempo e un altro luogo, tinti di nostalgia, magia e incanto dell'ignoto.
Note sull'album di Chiara Bertoglio

Informazioni aggiuntive -  per acquistare QUI


lunedì 6 gennaio 2020

Di Fr. P. Frontini, il primo CD per canto e piano, della Da Vinci Publishing



Giuseppe Federico Senfett : Pianoforte
Jennifer Schittino : Soprano

Concerto presso il Castello Morsasco (AL) del 26.07.19




" Viole bianche fu pubblicata dalla Società Musicale Napoletana nel 1898 e poi ripresa dall'Editore Forlivesi di Firenze. Il testo è di Annie Vivanti: Vi mando le viole pallidine Che anno perso il colore e la fragranza... ma, soggiunge la poetessa, sono pur sempre viole. Così un amore senza baci e senza riso rimane pallido in mezzo al cuore, ma è pur sempre amore. La musicazione del testo inizia con una intensa melodia affidata alla mano sinistra del pianoforte sulla quale la voce rimane quasi fissa su delle malinconiche note ribattute. Ma nella seconda strofa si espande in arcate melodiche di grande suggestione e trova il suo acme nell'ultima frase, su una serie di passaggi armonici densi e drammatici. La conclusione è affidata al pianoforte con una collana di accordi acuti che svaniscono a poco a poco, anche qui modulando dolcemente alla tonalità originale. Viole bianche svela alcune delle principali caratteristiche dello stile di Frontini: la compresenza di un notevolissimo nerbo drammaturgo di stampo verista e una raffinata ricerca di sonorità quasi impressionistiche, lievi e seducenti". Gianfranco Plenizio Vi mando le viole pallidine Che hanno perso il colore e la fragranza, Ma serban delle azzurre sorelline Il nome e la sembianza. Tale un amor da volontà conquiso S'erge pallido e triste in mezzo al core: Un amor senza baci e senza riso Ma ch' è pur sempre amore !



Musica di Francesco Paolo Frontini. Versi di Mario Rapisardi - tratta dal Giobbe - Lauda di suora Amore, amore non dammi riposo, Amore, amore il mio seno ha corroso; Alzar le ciglia, e guardarlo non oso Quel Dio pietoso, che me volse amare. O santa piaga del lato di Cristo, Da che al tuo sangue il mio pianto s'è misto, Il paradiso dell' anima ho visto, Al cui conquisto mi voglio affrettare. Con le mie mani tremanti t'attingo, Con labbra smorte ti bacio, ti stringo, Del tuo colore quest' anima tingo, E più la spingo e più vuol penetrare. Il sapor dolce, la grata fragranza Più sempre accende la mia desianza; O mia dolcezza, mia sola speranza, Mia sola amanza, in te vommi mutare. Amore, amore, amor solo, amor santo, Deh! com'è dolce morirti da canto, Com'è suave distruggersi in pianto, E in un mar santo di luce affogare! All'egregio maestro di musica Sig. Fr. P. Frontini Catania Di Casa 25 maggio 1889. Grazie, caro Sig.Frontini, della musica assai bella e caratteristica di che volle onorare la mia "Lauda di Suora". Ella ha saputo rendere l'intensa ascetica sensualità che li anima. Quel crescendo dell'ultima strofe,che si risolve in una frase larga e voluttuosa, a me pare d'un mirabile effetto; dà la viva immagine dell'orgia spirituale, a cui si abbandona una povera anima assetata d'amore e condannata a languire in un chiostro. Bravo, caro Sig. Frontini, ma proprio di cuore e augurandole pari al merito la fortuna, me le confesso. Aff.mo Mario Rapisardi.



"Malìa" di Francesco Paolo Frontini, versi di Luigi Capuana

PREGHIERA ( Opera Malìa) JANA (quasi tra sé) Ah, non mi sente ! Non mi ascolta !.... PAOLO Che dici? JANA « Niente! Niente! » (Prega l'immagine, a bassa voce, in piedi, con le mani giunte) Signora del cielo, perdono ! La stanca mia mente delira ! Son come una paglia che il turbin raggira !.... Ridàmmi la pace, Signora del ciel ! Tu, Vergine pura, disperdi Le impure mie ansie crescenti ! O Madre pietosa di tutti i dolenti, Ridammi la pace, Signora del ciel !


Il Canto di Ebe di Francesco Paolo Frontini, versi di Mario Rapisardi - ed. Ricordi 1883 Date a la terra i fiori, Date i coralli al mar, Ad ogni cor gli amori, Ad ogni dio l'altar. Abbia ogni nembo un'iride, Ogni astro i suoi splendori; Date a la terra i fiori, Date i coralli al mar. Ma, rieda il verno o il maggio, Mesta e soletta io son; Muto è del cielo il raggio, Triste è de l'arpa il suon; Qual vana ala di zeffiro Passo nel mio viaggio, E, rieda il verno o il maggio, Mesta e soletta io son. O immagini lucenti Di più felici dì, Sogni de l'arte ardenti, Il vostro april sfiorì; Invan chiedo le olimpiche Forme a le nuove genti, O immagini lucenti Di più felici dì. La giovinezza, il riso, Le grazie ed il piacer Fuggon tremanti al viso De l'inamabil Ver; Fuggon su l'ali rosee Del vago error conquiso La giovinezza, il riso, Le grazie ed il piacer.


sabato 1 giugno 2019

Musica per piano di Francesco Paolo Frontini



Si ringrazia Roberto Frontini



E



***



"La Filatrice" capriccio-studio per pianoforte


Duetto d'amore (Love duet)


Schianto !



All' amica lontana (Ricordanze)


Impression Musicale in memoria di M. Rapisardi


Sotto le Palme (Cantilena)


Sola! Pensiero elegiaco


Canzone d'oltremare


Notturno


Rammenti? . . .


Fasma notturno




Dolce Sogno (Ninna Nanna)


Polonaise




...La musica del Frontini ci dà tutte queste cose; essa ci scuote perchè scritta con la sincerità di un' artista incorrotto, essa ci dimostra un cuore che sente e che ha un ideale di cui è gelosissimo.
La musica del Frontini che non si attiene solamente alla melodia, nè agli arruffamenti di un'armonia scientifica, non è una convenzione sistematica. Egli si mostra scevro di tutti questi convenzionalismi, che rovinano quasi sempre le intenzioni oneste degli artisti timidi, e la sua musica è l'eco fedele, l' impronta originalissima di tutti i sentimenti che si avvicendano continuamente nell'animo suo, di quei sentimenti che bastano a sviluppare l' azione.
Egli ne ha fatto una scuola a parte ; egli che sente quest'aura di novella vita, scruta ancora nell'intimo del popolo che deve giudicarlo e scrive sotto l'impulso dell'ispirazione accoppiando ai canti un'adeguata armonia...
   G. Cesare Balbo, 1905